13 settembre 2023
Sei curioso di sapere chi è proprietario di Villa Volpicelli a Napoli? Fan della famosa soap opera italiana Un posto al sole conoscono bene il luogo poiché è lì che sono ambientate la maggior parte delle storie dei protagonisti. Nella serie TV la villa si chiama Palazzo Palladini ed è immediatamente riconoscibile per la sua vista mozzafiato sul Golfo di Napoli. La sua terrazza incanta e conquista il cuore di tutti gli spettatori italiani: il panorama da cartolina con il Vesuvio sullo sfondo di un mare azzurro che difficilmente si distingue da un cielo altrettanto azzurro. È impossibile non innamorarsi perdutamente di questa località e di Napoli!
Villa Volpicelli è uno degli edifici più belli del Zona Posillipo. Questo è magnifico villa vista mare dalla cui terrazza si può godere della vista più bella del Golfo di Napoli. Questo palazzo napoletano è immediatamente riconoscibile, anche da lontano, perché somiglia ad un castello per la presenza di due torri merlate che si affacciano sul mare a Riva fiorita. Molto particolare anche il colore della villa: è un’inconfondibile tonalità di rosa pesca.
Villa Volpicelli oggi è un condominio di proprietà privatama la sua terrazza viene utilizzata per le riprese della telenovela dal 2004 Un posto al sole (le riprese degli interni sono girate in un altro palazzo di Napoli, Villa Marina a Posillipo).
Villa Volpicelli Si chiama così dal 30 dicembre 1884, quando fu acquistata dal ricco commerciante di carbone omonimo Fabrizio Volpicelli che lo pagò solo 51mila lire (una cifra che oggi fa sorridere, ma all’epoca non era di poco valore). L’acquirente acquistò sia la villa che il giardino che arrivava fino al mare e confinava con la lussuosa Villa Rosebery (residenza ufficiale del Presidente della Repubblica Italiana). Anche il nuovo proprietario di Villa Volpicelli era interessato a restaurare la casa e riportarla all’antico splendore.
Non conosciamo l’anno esatto di costruzione di questo famoso palazzo affacciato sul mare.
Tuttavia documenti storici rivelano la presenza di questa famosa villa già nel XVII secolo. In una famosa mappa della città di Napoli del 1629 realizzata da Alessandro Baratta per conto del viceré (la cosiddetta Fidelissimae Urbis Neapolitanae), si nota la presenza del palazzo riconoscibile dalle due torri merlate. A quel tempo era di proprietà di Pietro Santacroce ed era conosciuto come il “fortino”. Successivamente fu ceduto ai principi di Ischitella.
Nei secoli successivi divenne proprietà dello Stato e poi durante il regno borbonico fu utilizzato come caserma militare e fortezza.
Tra i tanti edifici storici di Napoli, Villa Volpicelli è senza dubbio una delle dimore più belle da visitare nella zona di Posillipo.
preso Italy24 press
Sei curioso di sapere chi è proprietario di Villa Volpicelli a Napoli? Fan della famosa soap opera italiana Un posto al sole conoscono bene il luogo poiché è lì che sono ambientate la maggior parte delle storie dei protagonisti. Nella serie TV la villa si chiama Palazzo Palladini ed è immediatamente riconoscibile per la sua vista mozzafiato sul Golfo di Napoli. La sua terrazza incanta e conquista il cuore di tutti gli spettatori italiani: il panorama da cartolina con il Vesuvio sullo sfondo di un mare azzurro che difficilmente si distingue da un cielo altrettanto azzurro. È impossibile non innamorarsi perdutamente di questa località e di Napoli!
Villa Volpicelli è uno degli edifici più belli del Zona Posillipo. Questo è magnifico villa vista mare dalla cui terrazza si può godere della vista più bella del Golfo di Napoli. Questo palazzo napoletano è immediatamente riconoscibile, anche da lontano, perché somiglia ad un castello per la presenza di due torri merlate che si affacciano sul mare a Riva fiorita. Molto particolare anche il colore della villa: è un’inconfondibile tonalità di rosa pesca.
Villa Volpicelli oggi è un condominio di proprietà privatama la sua terrazza viene utilizzata per le riprese della telenovela dal 2004 Un posto al sole (le riprese degli interni sono girate in un altro palazzo di Napoli, Villa Marina a Posillipo).
Villa Volpicelli Si chiama così dal 30 dicembre 1884, quando fu acquistata dal ricco commerciante di carbone omonimo Fabrizio Volpicelli che lo pagò solo 51mila lire (una cifra che oggi fa sorridere, ma all’epoca non era di poco valore). L’acquirente acquistò sia la villa che il giardino che arrivava fino al mare e confinava con la lussuosa Villa Rosebery (residenza ufficiale del Presidente della Repubblica Italiana). Anche il nuovo proprietario di Villa Volpicelli era interessato a restaurare la casa e riportarla all’antico splendore.
Non conosciamo l’anno esatto di costruzione di questo famoso palazzo affacciato sul mare.
Tuttavia documenti storici rivelano la presenza di questa famosa villa già nel XVII secolo. In una famosa mappa della città di Napoli del 1629 realizzata da Alessandro Baratta per conto del viceré (la cosiddetta Fidelissimae Urbis Neapolitanae), si nota la presenza del palazzo riconoscibile dalle due torri merlate. A quel tempo era di proprietà di Pietro Santacroce ed era conosciuto come il “fortino”. Successivamente fu ceduto ai principi di Ischitella.
Nei secoli successivi divenne proprietà dello Stato e poi durante il regno borbonico fu utilizzato come caserma militare e fortezza.
Tra i tanti edifici storici di Napoli, Villa Volpicelli è senza dubbio una delle dimore più belle da visitare nella zona di Posillipo.
preso Italy24 press
Sei curioso di sapere chi è proprietario di Villa Volpicelli a Napoli? Fan della famosa soap opera italiana Un posto al sole conoscono bene il luogo poiché è lì che sono ambientate la maggior parte delle storie dei protagonisti. Nella serie TV la villa si chiama Palazzo Palladini ed è immediatamente riconoscibile per la sua vista mozzafiato sul Golfo di Napoli. La sua terrazza incanta e conquista il cuore di tutti gli spettatori italiani: il panorama da cartolina con il Vesuvio sullo sfondo di un mare azzurro che difficilmente si distingue da un cielo altrettanto azzurro. È impossibile non innamorarsi perdutamente di questa località e di Napoli!
Villa Volpicelli è uno degli edifici più belli del Zona Posillipo. Questo è magnifico villa vista mare dalla cui terrazza si può godere della vista più bella del Golfo di Napoli. Questo palazzo napoletano è immediatamente riconoscibile, anche da lontano, perché somiglia ad un castello per la presenza di due torri merlate che si affacciano sul mare a Riva fiorita. Molto particolare anche il colore della villa: è un’inconfondibile tonalità di rosa pesca.
Villa Volpicelli oggi è un condominio di proprietà privatama la sua terrazza viene utilizzata per le riprese della telenovela dal 2004 Un posto al sole (le riprese degli interni sono girate in un altro palazzo di Napoli, Villa Marina a Posillipo).
Villa Volpicelli Si chiama così dal 30 dicembre 1884, quando fu acquistata dal ricco commerciante di carbone omonimo Fabrizio Volpicelli che lo pagò solo 51mila lire (una cifra che oggi fa sorridere, ma all’epoca non era di poco valore). L’acquirente acquistò sia la villa che il giardino che arrivava fino al mare e confinava con la lussuosa Villa Rosebery (residenza ufficiale del Presidente della Repubblica Italiana). Anche il nuovo proprietario di Villa Volpicelli era interessato a restaurare la casa e riportarla all’antico splendore.
Non conosciamo l’anno esatto di costruzione di questo famoso palazzo affacciato sul mare.
Tuttavia documenti storici rivelano la presenza di questa famosa villa già nel XVII secolo. In una famosa mappa della città di Napoli del 1629 realizzata da Alessandro Baratta per conto del viceré (la cosiddetta Fidelissimae Urbis Neapolitanae), si nota la presenza del palazzo riconoscibile dalle due torri merlate. A quel tempo era di proprietà di Pietro Santacroce ed era conosciuto come il “fortino”. Successivamente fu ceduto ai principi di Ischitella.
Nei secoli successivi divenne proprietà dello Stato e poi durante il regno borbonico fu utilizzato come caserma militare e fortezza.
Tra i tanti edifici storici di Napoli, Villa Volpicelli è senza dubbio una delle dimore più belle da visitare nella zona di Posillipo.
preso Italy24 press
12 settembre 2023
Maria è un nome femminile italiano che significa "afflitta e amareggiata (per la morte di Gesù); signora, padrona, ma anche 'amata' e 'cara'; in latino: 'stilla maris' o goccia di mare". Scopriamo insieme di più su questo nome così bello.
L'origine è ebraico-aramaica: 'Maryâm'; ma anche, per altre fonti, siriaco-egiziana o latina. Maria è il nome più diffuso al mondo. 'Maria' per antonomasia è la Vergine Santissima, l'Immacolata, l'Assunta, l'Annunziata ed è il nome con i più risonanti aggettivi divini e dal maggior numero di varianti nel mondo legati a miracoli, apparizioni e luoghi consacrati; per esempio: Carmela, Concetta, Fatima, Grazia, Lourdes, Pilar… Ed è anche il nome femminile col maggior numero di festività nel corso dell'anno. In ogni parte del mondo la persona e il volto della Madonna sono il soggetto più rappresentato ed è variamente ripreso da tutti i più grandi autori pittori e scultori, ma anche i minori, nella storia dell'arte.
12 settembre 2023
La principale storia che tutti ricordano oggi, e così ogni 11 settembre da dieci anni a questa parte, è quella dei due aerei che colpirono il World Trade Center di New York, uccidendo in modo spettacolare e terribile 2753 persone. Si parla meno degli altri due aerei che furono dirottati quella mattina: uno colpì il Pentagono, uccidendo 184 persone; l’altro si schiantò su un terreno in Pennsylvania a seguito della ribellione dei passeggeri, morirono in 44: 33 passeggeri, 7 membri dell’equipaggio e 4 dirottatori. Benché la storia di quel volo, il numero 93 della United Airlines, sia stata raccontata da molti articoli giornalistici, documentari, da un’inchiesta ufficiale e da un film uscito nel 2006, fuori dagli Stati Uniti molti dettagli non sono conosciuti, o sono conosciuti soltanto da pochi. Sono state fatte molte ricostruzioni della storia del volo United 93, anche se diversi dettagli marginali della storia non sono mai stati chiariti: la fonte più completa è l’inchiesta ufficiale [pdf] condotta da una commissione promossa dal Congresso e dalla Presidenza degli Stati Uniti. Un altro elenco piuttosto completo dei fatti può trovarsi sulla voce di Wikipedia in inglese.
Il volo United 93 doveva partire alle 8 del mattino e collegare le due coste degli Stati Uniti: l’aeroporto di Newark, in New Jersey, con l’aeroporto di San Francisco, in California. Quel giorno l’aereo era semi-vuoto: poteva ospitare fino a 182 passeggeri, i viaggiatori a bordo erano 37. Insieme a loro c’erano a bordo sette membri dell’equipaggio: il capitano, il primo ufficiale e cinque assistenti di volo. Fra i 37 passeggeri c’erano 4 dirottatori, tutti con posti in prima classe. Il loro leader era Ziad Jarrah, nato in Libano, vissuto per molti anni ad Amburgo, in Germania, addestrato in Afghanistan. Dopo l’addestramento ottenne ad Amburgo un nuovo passaporto, “pulito” e senza le tracce dei suoi precedenti viaggi, denunciando il vecchio come smarrito. Arrivò in Florida a giugno del 2000, teneva contatti con Mohammed Atta, l’uomo considerato “la mente” degli attacchi dell’11 settembre 2001, era quello che aveva preso lezioni di volo. Gli altri tre dirottatori – Ahmed al-Nami, Ahmed al-Haznawi, Saeed al-Ghamdi – ci misero soprattutto la forza bruta. Doveva esserci un quinto dirottatore, Mohammed al-Qahtani, che però il 3 agosto 2001 fu respinto alla frontiera di Orlando, in Florida, quando le autorità videro che aveva solo un biglietto di andata e sospettarono volesse diventare un immigrato clandestino. I dirottatori salirono a bordo senza problemi. Solo uno di loro fu sottoposto a controlli speciali prima dell’imbarco, ma senza che le autorità notassero niente di sospetto.
Il volo doveva partire alle 8.00 del mattino ma a causa del grosso traffico aereo partì alle 8.42, quattro minuti prima che il primo aereo si schiantasse sulla torre nord del World Trade Center di New York. Alle 9.02 anche il secondo aereo si schiantò sulla torre sud e le autorità iniziarono a diffondere l’allerta a tutti gli aerei in volo. La persona incaricata dalla United Airlines di mettersi in contatto col volo 93 lo fece solo venti minuti dopo, scrivendo: “Fate attenzione a intrusioni nella cabina di pilotaggio, due aerei hanno colpito il World Trade Center”. Il pilota rispose regolarmente, chiedendo conferma di quanto aveva letto. Pochi minuti dopo, alle 9.27, la cabina di pilotaggio rispose regolarmente a un messaggio di routine. Poi iniziò il dirottamento.
Alle 9.28, non appena fu spento il segnale delle cinture di sicurezza, quando le Torri Gemelle erano già state colpite, l’aereo perse rapidamente quota, più di 200 metri in 30 secondi. Il capitano urlò più volte “Mayday! Mayday! Mayday!”. Trentacinque secondi dopo, dalla cabina di pilotaggio qualcuno urlò di nuovo: “Mayday! Fuori di qui! Fuori di qui!”.
Non è noto con certezza se i dirottatori avessero o no delle armi al momento di salire a bordo, anche se alcuni passeggeri prima di schiantarsi diranno poi al telefono che qualcuno era stato accoltellato. Prima di essere costretto a cedere il controllo dell’aereo, il capitano riuscì a modificare le frequenze radio così da trasmettere alle autorità di terra i messaggi rivolti ai passeggeri. Alle 9.31 Jarrah aprì il microfono e disse: “Signori e signore, è il capitano che parla. Per favore, restate seduti. Abbiamo una bomba a bordo. Quindi restate seduti”. I passeggeri erano stati fatti spostare tutti in fondo all’aereo, così che fossero il più lontani possibile dalla cabina di pilotaggio.
Le autorità di terra ascoltarono il messaggio e continuarono a sentire quello che avveniva nell’aereo. Sentirono i lamenti del capitano, probabilmente ferito, e le urla di una hostess interrompersi bruscamente, prima che un dirottatore dicesse in arabo: “Tutto a posto. Ho finito”. Jarrah modificò la rotta dell’aereo facendolo virare verso est, abbassando la sua quota e inserendo poi il pilota automatico. Alle 9.39 Jarrah si rivolse di nuovo ai passeggeri con l’altoparlante. “Qui è il capitano. Vorrei che tutti rimarreste seduti. C’è una bomba a bordo: stiamo tornando in aeroporto, dove faremo le nostre richieste. State calmi”.
Dopo questo messaggio le autorità di terra non sentirono più nulla dall’aereo. Dalle 9.30, però, passeggeri e membri dell’equipaggio avevano cominciato a usare i loro telefoni cellulari e i telefoni satellitari di bordo, consegnando alla memoria alcuni dei documenti più strazianti e drammatici sugli attentati dell’11 settembre 2001.
Trentacinque telefonate partirono dall’aereo verso terra. Dieci passeggeri e due membri dell’equipaggio riuscirono a mettersi in contatto con parenti e amici. La passeggera Lauren Grandcolas, che era incinta, chiamò due volte il suo compagno, che non rispose. Poi lasciò un messaggio nella sua segreteria telefonica.
“Jack, rispondi tesoro, mi senti? Okay. Volevo solo dirti che c’è un piccolo problema con l’aereo. Sto bene. Sto benissimo. Volevo solo dirti quanto ti amo”
La passeggera Linda Gronlund lasciò un messaggio nella segreteria telefonica della sorella. L’assistente di volo CeeCee Lyles lasciò questo messaggio nella segreteria di suo marito.
Il passeggero Mark Bingham chiamò sua madre, Jeremy Glick sua moglie. L’assistente di volo Sandra Bradshaw chiamò gli uffici di terra della United Airlines e disse che c’erano a bordo dei terroristi armati con dei coltelli, aggiungendo che un’altra assistente di volo era stata accoltellata. Altre telefonate dei membri dell’equipaggio furono messe in attesa o rimbalzate dai centralini intasati. Il passeggero Tom Burnett disse a sua moglie che il volo era stato dirottato, che un passeggero era stato accoltellato e che secondo lui la bomba di cui parlavano i terroristi era un pretesto per tenere i passeggeri tranquilli. Sua moglie gli disse degli attacchi al World Trade Center e lui le rispose dicendo che effettivamente aveva sentito i dirottatori parlare di qualcosa del genere. Burnett continuò a chiedere informazioni a sua moglie, interrompendosi di tanto in tanto per riferire i dettagli agli altri passeggeri. Poi disse: “Non preoccuparti, qualcosa faremo”. E riattaccò.
Marion Britton chiamò un suo amico, gli disse: “Ci ammazzeranno, ci ammazzeranno tutti”. Lui cercò di tranquillizzarla: “Non preoccuparti, hanno dirottato l’aereo, vi fanno fare un giro, andate nel loro paese e poi tornate qui”. L’amico dirà poi che non sapeva cosa dire, era disperato e cercava un modo per tranquillizzare la sua amica.
A un certo punto nelle registrazioni delle telefonate si inizia a parlare di una ribellione. Il passeggero Todd Beamer cercò di chiamare sua moglie ma le linee erano intasate e la sua chiamata fu raccolta dal centralino. Beamer disse all’operatrice che il volo era stato dirottato e che i piloti erano fuori gioco, morti o gravemente feriti. Disse che uno dei dirottatori aveva legata alla vita una cosa che sembrava una bomba. L’assistente di volo Sandra Bradshaw disse a suo marito che stava scaldando dell’acqua da gettare addosso ai dirottatori. Honor Elizabeth Wainio alle 9.53 disse alla sua matrigna: “Devo andare. Stanno entrando nella cabina di pilotaggio. Ti voglio bene”. Alle 9.55 Bradshaw disse a suo marito: “Stanno correndo tutti verso la prima classe. Devo andare. Ciao”. Alle 9.57 l’operatrice di terra Lisa Jefferson, che aveva una telefonata aperta con Beamer, sentì che i passeggeri avevano deciso con una votazione di aggredire i dirottatori. E sentì dire a Beamer:
“Are you guys ready? Okay. Let’s roll!”
(“Siete pronti? Okay. Si balla!”)
Pochi secondi dopo, stando alle registrazioni della scatola nera, i dirottatori nella cabina di pilotaggio capirono che stava accadendo qualcosa. Si sente una voce dire: “Che succede? Una rissa?”. La passeggera CeeCee Lyles chiamò di nuovo suo marito e disse che gli altri stavano provando a fare irruzione nella cabina di pilotaggio. Alle 9.58 Jarrah, che pilotava l’aereo, cominciò a muoverlo bruscamente prima a destra e sinistra e poi su e giù, per sbilanciare i passeggeri. La scatola nera registrò molti secondi di urla, rumore di oggetti rotti, anche piatti e bicchieri. L’aereo tornò stabile alle 10.00. Jarrah disse: “La chiudiamo qui? La facciamo finita adesso?”. Un altro dirottatore gli rispose: “No, non ancora. Quando arrivano tutti, la chiudiamo”. Jarrah continuò a muovere l’aereo su e giù. Poco dopo si udì la voce di un passeggero, fuori dalla cabina: “Entriamo! Se non entriamo, moriremo”. Pochi secondi dopo un altro passeggero disse “Lancialo!”, probabilmente facendo riferimento al carrello delle vivande.
I dirottatori cominciarono a ripetere “Allah Akbar”, “Allah è grande”. Alle 10.01 Jarrah chiese di nuovo: “Lo butto giù?”. I passeggeri continuarono a spingere verso la cabina di pilotaggio. Alle 10.02 un altro dirottatore disse: “Buttalo giù! Buttalo giù!”. L’aereo virò bruscamente a destra fino a capovolgersi e si schiantò su un terreno vuoto a Stonycreek, in Pennsylvania, alle 10.03. L’inchiesta ufficiale sugli attentati dell’11 settembre ha concluso che “i dirottatori restarono al comando dell’aereo fino alla fine ma decisero di schiantare l’aereo sapendo che i passeggeri sarebbero entrati nella cabina di pilotaggio nel giro di pochi secondi”. Lo schianto lasciò sul terreno un cratere profondo tre metri e largo dodici. Il terreno era piuttosto morbido, buona parte dell’aereo si infilò sottoterra. Tutte le 44 persone a bordo morirono sul colpo.
Molti abitanti della zona videro l’aereo perdere quota rapidissimamente e temettero che potesse colpire un centro abitato. I primi soccorsi arrivarono sul posto alle 10.06. Alle 10.10 le autorità aeree non sapevano ancora che il volo si era schiantato e tentavano di mettersi in contatto con la cabina di pilotaggio: la comunicazione ufficiale avvenne alle 10.13. La prima testata a dare notizia dello schianto fu la CNN alle 10.37.
La maggior parte dei resti dell’aereo fu trovata nei pressi del luogo dello schianto, ma oggetti leggeri furono sbalzati fino a 13 chilometri di distanza. Tutti i resti umani furono ritrovati nell’arco di 28 ettari: in tutto 1500 “reperti”, pesanti 272 chili, l’otto per cento del totale. Il resto fu disintegrato dall’impatto e dalla seguente esplosione. Tutti i passeggeri furono identificati entro il 21 dicembre. I medici non riuscirono a effettuare nessuna autopsia. Il contenuto della scatola nera e le registrazioni furono mostrati ai parenti delle persone uccise nel 2002 e diffusi pubblicamente nel 2006.
L’obiettivo dei dirottatori non è mai stato identificato con certezza, anche se la maggior parte degli indizi e delle testimonianze indicano Capitol Hill, la sede del Congresso degli Stati Uniti, a Washington DC. Le ultime parole di Todd Beamer, “Let’s roll”, sono state citate in film, canzoni (una di Neil Young), poesie e romanzi. La compagnia aerea United Airlines non usa più il numero 93 per indicare i suoi voli. Nel campo dove il volo si schiantò, in Pennsylvania, c’è oggi un monumento in loro onore: per molti anni ce n’è stato un altro, artigianale e provvisorio. I nomi delle persone uccise sono iscritti anche attorno alla fontana sud del monumento di Ground Zero.
La principale storia che tutti ricordano oggi, e così ogni 11 settembre da dieci anni a questa parte, è quella dei due aerei che colpirono il World Trade Center di New York, uccidendo in modo spettacolare e terribile 2753 persone. Si parla meno degli altri due aerei che furono dirottati quella mattina: uno colpì il Pentagono, uccidendo 184 persone; l’altro si schiantò su un terreno in Pennsylvania a seguito della ribellione dei passeggeri, morirono in 44: 33 passeggeri, 7 membri dell’equipaggio e 4 dirottatori. Benché la storia di quel volo, il numero 93 della United Airlines, sia stata raccontata da molti articoli giornalistici, documentari, da un’inchiesta ufficiale e da un film uscito nel 2006, fuori dagli Stati Uniti molti dettagli non sono conosciuti, o sono conosciuti soltanto da pochi. Sono state fatte molte ricostruzioni della storia del volo United 93, anche se diversi dettagli marginali della storia non sono mai stati chiariti: la fonte più completa è l’inchiesta ufficiale [pdf] condotta da una commissione promossa dal Congresso e dalla Presidenza degli Stati Uniti. Un altro elenco piuttosto completo dei fatti può trovarsi sulla voce di Wikipedia in inglese.
Il volo United 93 doveva partire alle 8 del mattino e collegare le due coste degli Stati Uniti: l’aeroporto di Newark, in New Jersey, con l’aeroporto di San Francisco, in California. Quel giorno l’aereo era semi-vuoto: poteva ospitare fino a 182 passeggeri, i viaggiatori a bordo erano 37. Insieme a loro c’erano a bordo sette membri dell’equipaggio: il capitano, il primo ufficiale e cinque assistenti di volo. Fra i 37 passeggeri c’erano 4 dirottatori, tutti con posti in prima classe. Il loro leader era Ziad Jarrah, nato in Libano, vissuto per molti anni ad Amburgo, in Germania, addestrato in Afghanistan. Dopo l’addestramento ottenne ad Amburgo un nuovo passaporto, “pulito” e senza le tracce dei suoi precedenti viaggi, denunciando il vecchio come smarrito. Arrivò in Florida a giugno del 2000, teneva contatti con Mohammed Atta, l’uomo considerato “la mente” degli attacchi dell’11 settembre 2001, era quello che aveva preso lezioni di volo. Gli altri tre dirottatori – Ahmed al-Nami, Ahmed al-Haznawi, Saeed al-Ghamdi – ci misero soprattutto la forza bruta. Doveva esserci un quinto dirottatore, Mohammed al-Qahtani, che però il 3 agosto 2001 fu respinto alla frontiera di Orlando, in Florida, quando le autorità videro che aveva solo un biglietto di andata e sospettarono volesse diventare un immigrato clandestino. I dirottatori salirono a bordo senza problemi. Solo uno di loro fu sottoposto a controlli speciali prima dell’imbarco, ma senza che le autorità notassero niente di sospetto.
Il volo doveva partire alle 8.00 del mattino ma a causa del grosso traffico aereo partì alle 8.42, quattro minuti prima che il primo aereo si schiantasse sulla torre nord del World Trade Center di New York. Alle 9.02 anche il secondo aereo si schiantò sulla torre sud e le autorità iniziarono a diffondere l’allerta a tutti gli aerei in volo. La persona incaricata dalla United Airlines di mettersi in contatto col volo 93 lo fece solo venti minuti dopo, scrivendo: “Fate attenzione a intrusioni nella cabina di pilotaggio, due aerei hanno colpito il World Trade Center”. Il pilota rispose regolarmente, chiedendo conferma di quanto aveva letto. Pochi minuti dopo, alle 9.27, la cabina di pilotaggio rispose regolarmente a un messaggio di routine. Poi iniziò il dirottamento.
Alle 9.28, non appena fu spento il segnale delle cinture di sicurezza, quando le Torri Gemelle erano già state colpite, l’aereo perse rapidamente quota, più di 200 metri in 30 secondi. Il capitano urlò più volte “Mayday! Mayday! Mayday!”. Trentacinque secondi dopo, dalla cabina di pilotaggio qualcuno urlò di nuovo: “Mayday! Fuori di qui! Fuori di qui!”.
Non è noto con certezza se i dirottatori avessero o no delle armi al momento di salire a bordo, anche se alcuni passeggeri prima di schiantarsi diranno poi al telefono che qualcuno era stato accoltellato. Prima di essere costretto a cedere il controllo dell’aereo, il capitano riuscì a modificare le frequenze radio così da trasmettere alle autorità di terra i messaggi rivolti ai passeggeri. Alle 9.31 Jarrah aprì il microfono e disse: “Signori e signore, è il capitano che parla. Per favore, restate seduti. Abbiamo una bomba a bordo. Quindi restate seduti”. I passeggeri erano stati fatti spostare tutti in fondo all’aereo, così che fossero il più lontani possibile dalla cabina di pilotaggio.
Le autorità di terra ascoltarono il messaggio e continuarono a sentire quello che avveniva nell’aereo. Sentirono i lamenti del capitano, probabilmente ferito, e le urla di una hostess interrompersi bruscamente, prima che un dirottatore dicesse in arabo: “Tutto a posto. Ho finito”. Jarrah modificò la rotta dell’aereo facendolo virare verso est, abbassando la sua quota e inserendo poi il pilota automatico. Alle 9.39 Jarrah si rivolse di nuovo ai passeggeri con l’altoparlante. “Qui è il capitano. Vorrei che tutti rimarreste seduti. C’è una bomba a bordo: stiamo tornando in aeroporto, dove faremo le nostre richieste. State calmi”.
Dopo questo messaggio le autorità di terra non sentirono più nulla dall’aereo. Dalle 9.30, però, passeggeri e membri dell’equipaggio avevano cominciato a usare i loro telefoni cellulari e i telefoni satellitari di bordo, consegnando alla memoria alcuni dei documenti più strazianti e drammatici sugli attentati dell’11 settembre 2001.
Trentacinque telefonate partirono dall’aereo verso terra. Dieci passeggeri e due membri dell’equipaggio riuscirono a mettersi in contatto con parenti e amici. La passeggera Lauren Grandcolas, che era incinta, chiamò due volte il suo compagno, che non rispose. Poi lasciò un messaggio nella sua segreteria telefonica.
“Jack, rispondi tesoro, mi senti? Okay. Volevo solo dirti che c’è un piccolo problema con l’aereo. Sto bene. Sto benissimo. Volevo solo dirti quanto ti amo”
La passeggera Linda Gronlund lasciò un messaggio nella segreteria telefonica della sorella. L’assistente di volo CeeCee Lyles lasciò questo messaggio nella segreteria di suo marito.
Il passeggero Mark Bingham chiamò sua madre, Jeremy Glick sua moglie. L’assistente di volo Sandra Bradshaw chiamò gli uffici di terra della United Airlines e disse che c’erano a bordo dei terroristi armati con dei coltelli, aggiungendo che un’altra assistente di volo era stata accoltellata. Altre telefonate dei membri dell’equipaggio furono messe in attesa o rimbalzate dai centralini intasati. Il passeggero Tom Burnett disse a sua moglie che il volo era stato dirottato, che un passeggero era stato accoltellato e che secondo lui la bomba di cui parlavano i terroristi era un pretesto per tenere i passeggeri tranquilli. Sua moglie gli disse degli attacchi al World Trade Center e lui le rispose dicendo che effettivamente aveva sentito i dirottatori parlare di qualcosa del genere. Burnett continuò a chiedere informazioni a sua moglie, interrompendosi di tanto in tanto per riferire i dettagli agli altri passeggeri. Poi disse: “Non preoccuparti, qualcosa faremo”. E riattaccò.
Marion Britton chiamò un suo amico, gli disse: “Ci ammazzeranno, ci ammazzeranno tutti”. Lui cercò di tranquillizzarla: “Non preoccuparti, hanno dirottato l’aereo, vi fanno fare un giro, andate nel loro paese e poi tornate qui”. L’amico dirà poi che non sapeva cosa dire, era disperato e cercava un modo per tranquillizzare la sua amica.
A un certo punto nelle registrazioni delle telefonate si inizia a parlare di una ribellione. Il passeggero Todd Beamer cercò di chiamare sua moglie ma le linee erano intasate e la sua chiamata fu raccolta dal centralino. Beamer disse all’operatrice che il volo era stato dirottato e che i piloti erano fuori gioco, morti o gravemente feriti. Disse che uno dei dirottatori aveva legata alla vita una cosa che sembrava una bomba. L’assistente di volo Sandra Bradshaw disse a suo marito che stava scaldando dell’acqua da gettare addosso ai dirottatori. Honor Elizabeth Wainio alle 9.53 disse alla sua matrigna: “Devo andare. Stanno entrando nella cabina di pilotaggio. Ti voglio bene”. Alle 9.55 Bradshaw disse a suo marito: “Stanno correndo tutti verso la prima classe. Devo andare. Ciao”. Alle 9.57 l’operatrice di terra Lisa Jefferson, che aveva una telefonata aperta con Beamer, sentì che i passeggeri avevano deciso con una votazione di aggredire i dirottatori. E sentì dire a Beamer:
“Are you guys ready? Okay. Let’s roll!”
(“Siete pronti? Okay. Si balla!”)
Pochi secondi dopo, stando alle registrazioni della scatola nera, i dirottatori nella cabina di pilotaggio capirono che stava accadendo qualcosa. Si sente una voce dire: “Che succede? Una rissa?”. La passeggera CeeCee Lyles chiamò di nuovo suo marito e disse che gli altri stavano provando a fare irruzione nella cabina di pilotaggio. Alle 9.58 Jarrah, che pilotava l’aereo, cominciò a muoverlo bruscamente prima a destra e sinistra e poi su e giù, per sbilanciare i passeggeri. La scatola nera registrò molti secondi di urla, rumore di oggetti rotti, anche piatti e bicchieri. L’aereo tornò stabile alle 10.00. Jarrah disse: “La chiudiamo qui? La facciamo finita adesso?”. Un altro dirottatore gli rispose: “No, non ancora. Quando arrivano tutti, la chiudiamo”. Jarrah continuò a muovere l’aereo su e giù. Poco dopo si udì la voce di un passeggero, fuori dalla cabina: “Entriamo! Se non entriamo, moriremo”. Pochi secondi dopo un altro passeggero disse “Lancialo!”, probabilmente facendo riferimento al carrello delle vivande.
I dirottatori cominciarono a ripetere “Allah Akbar”, “Allah è grande”. Alle 10.01 Jarrah chiese di nuovo: “Lo butto giù?”. I passeggeri continuarono a spingere verso la cabina di pilotaggio. Alle 10.02 un altro dirottatore disse: “Buttalo giù! Buttalo giù!”. L’aereo virò bruscamente a destra fino a capovolgersi e si schiantò su un terreno vuoto a Stonycreek, in Pennsylvania, alle 10.03. L’inchiesta ufficiale sugli attentati dell’11 settembre ha concluso che “i dirottatori restarono al comando dell’aereo fino alla fine ma decisero di schiantare l’aereo sapendo che i passeggeri sarebbero entrati nella cabina di pilotaggio nel giro di pochi secondi”. Lo schianto lasciò sul terreno un cratere profondo tre metri e largo dodici. Il terreno era piuttosto morbido, buona parte dell’aereo si infilò sottoterra. Tutte le 44 persone a bordo morirono sul colpo.
Molti abitanti della zona videro l’aereo perdere quota rapidissimamente e temettero che potesse colpire un centro abitato. I primi soccorsi arrivarono sul posto alle 10.06. Alle 10.10 le autorità aeree non sapevano ancora che il volo si era schiantato e tentavano di mettersi in contatto con la cabina di pilotaggio: la comunicazione ufficiale avvenne alle 10.13. La prima testata a dare notizia dello schianto fu la CNN alle 10.37.
La maggior parte dei resti dell’aereo fu trovata nei pressi del luogo dello schianto, ma oggetti leggeri furono sbalzati fino a 13 chilometri di distanza. Tutti i resti umani furono ritrovati nell’arco di 28 ettari: in tutto 1500 “reperti”, pesanti 272 chili, l’otto per cento del totale. Il resto fu disintegrato dall’impatto e dalla seguente esplosione. Tutti i passeggeri furono identificati entro il 21 dicembre. I medici non riuscirono a effettuare nessuna autopsia. Il contenuto della scatola nera e le registrazioni furono mostrati ai parenti delle persone uccise nel 2002 e diffusi pubblicamente nel 2006.
L’obiettivo dei dirottatori non è mai stato identificato con certezza, anche se la maggior parte degli indizi e delle testimonianze indicano Capitol Hill, la sede del Congresso degli Stati Uniti, a Washington DC. Le ultime parole di Todd Beamer, “Let’s roll”, sono state citate in film, canzoni (una di Neil Young), poesie e romanzi. La compagnia aerea United Airlines non usa più il numero 93 per indicare i suoi voli. Nel campo dove il volo si schiantò, in Pennsylvania, c’è oggi un monumento in loro onore: per molti anni ce n’è stato un altro, artigianale e provvisorio. I nomi delle persone uccise sono iscritti anche attorno alla fontana sud del monumento di Ground Zero.
La storia di Francesca Lo
Monaco D'Angelo, siciliana trapianta a New York che lavorava al 41esimo
piano della Torre 2. Il giorno dell'attentato non è andata in ufficio.
Il motivo? "Mio marito aveva comprato le cassette di pomodoro e mi aveva
chiesto di prendere un giorno libero al lavoro per fare le conserve",
ricorda lei. Manager di una grossa compagnia assicurativa, oggi racconta
un retroscena inedito: "Neanche due mesi prima avevo stipulato una
polizza per Silverstein Properties, cioè i proprietari del World trade
center. Era una polizza molto alta, perché copriva i danni superiori ai
200 milioni di dollari". Quell'assicurazione, però, non verrà incassata
11 settembre 2023
preso il fatto quotidiano
Nel luogo che ricorda la tragedia delle Torri Gemelli ora si trovano il Memorial 9/11, la Freedom Tower di Libeskind e Oculus, il complesso disegnato dall'archistar Santiago Calatrava. Il Memoriale, uno dei luoghi più visitati di New York, ha al centro due grandi vasche con acqua che scorre ininterrottamente e sulle cui pareti sono incisi i nomi delle vittime dell'attentato. Il museo ha un padiglione d’ingresso in vetro che consente di vedere anche dall’esterno i due “tridenti” del World Trade Center, le colonne portanti d’acciaio delle torri che rimasero in piedi anche dopo il crollo.
11 settembre 2023
preso Ansa
Nel luogo che ricorda la tragedia delle Torri Gemelli ora si trovano il Memorial 9/11, la Freedom Tower di Libeskind e Oculus, il complesso disegnato dall'archistar Santiago Calatrava. Il Memoriale, uno dei luoghi più visitati di New York, ha al centro due grandi vasche con acqua che scorre ininterrottamente e sulle cui pareti sono incisi i nomi delle vittime dell'attentato. Il museo ha un padiglione d’ingresso in vetro che consente di vedere anche dall’esterno i due “tridenti” del World Trade Center, le colonne portanti d’acciaio delle torri che rimasero in piedi anche dopo il crollo.
11 settembre 2023
preso Ansa
Nel luogo che ricorda la tragedia delle Torri Gemelli ora si trovano il Memorial 9/11, la Freedom Tower di Libeskind e Oculus, il complesso disegnato dall'archistar Santiago Calatrava. Il Memoriale, uno dei luoghi più visitati di New York, ha al centro due grandi vasche con acqua che scorre ininterrottamente e sulle cui pareti sono incisi i nomi delle vittime dell'attentato. Il museo ha un padiglione d’ingresso in vetro che consente di vedere anche dall’esterno i due “tridenti” del World Trade Center, le colonne portanti d’acciaio delle torri che rimasero in piedi anche dopo il crollo.
11 settembre 2023
preso Ansa
Oggigiorno gli autobus sono dei mezzi di trasporto pubblico largamente utilizzati e bisogna ringraziare Julius Griffith per aver avuto l'idea ed aver costruito nel 1821 il primo autobus a vapore e Gurney Goldsworth per aver progettato, quattro anni più tardi, un mezzo in grado di trasportare fino a 15 persone.
L'autobus di Goldsworth, venne chiamato in questo modo per richiamare il
concetto di auto esteso a più persone, il termine latino “omni”
significa infatti “per tutti”; pesava 3 tonnellate e raggiungeva una velocità massima di 24 km/h; era dotato di 5 ruote, di cui una davanti in mezzo al veicolo chiamata direttrice, e di un motore dalla resa un po' scarsa.
Tuttavia, l'intuizione avuta dai due inventori ebbe un buon seguito e dal 1827 un'altra persona si occupò dei bus, Walter Hancock:
egli riuscì a risolvere gli inconvenienti registrati da Goldswort e dal
1831 al 1836 mise su strada un buon numero di veicoli che circolavano
come mezzi di linea in Inghilterra fino al 1839, anno in cui avvenne un incidente mortale che scatenò le proteste di ferrovieri e cocchieri che fecero forti pressioni per vietare la circolazione degli autobus.
Il servizio pubblico dell'autobus infatti sottraeva clienti alle
ferrovie e alle carrozze, per questo l'incidente venne preso a pretesto
per bloccarne la circolazione, che però viene ripresa meno di 60 anni
dopo quando venne inventato l'autobus con motore a scoppio; in particolare, il primo modello venne costruito nel 1897 dalla casa automobilistica francese De Dion-Bouton.
10 settembre 2023
preso paginainizio
Un anno senza Elisabetta II, un anno di regno per il suo primogenito Carlo III.
La Gran Bretagna torna a guardarsi indietro e traccia un primo bilancio in chiaroscuro della nuova era affidata alle redini di un re 74enne inevitabilmente "di transizione", il più anziano mai incoronato nella storia dell'isola.
Mentre si prepara a ricordare l'indimenticata Queen Elizabeth - scomparsa l'8 settembre 2022 - senza manifestazioni pubbliche particolari: in omaggio a quella sobrietà e intimità da lei stessa praticata in occasione di tutte le commemorazioni familiari.
L'anniversario non può d'altronde passare certo sotto silenzio. Troppo fresca la memoria di quell'annuncio solenne con cui la Bbc, seguita a ruota dagli altri media, fu autorizzata da Buckingham Palace in un pomeriggio di fine estate a comunicare ai sudditi britannici, al Commonwealth dei Paesi dell'ex impero e al mondo la notizia della morte di "Sua Maestà", spentasi nell'amata residenza scozzese di Balmoral a 96 anni e dopo 70 di regno da record; e quella parallela della successione ipso facto dell'eterno erede. Un evento atteso nella logica delle cose e dell'anagrafe. Ma da cui la psicologia collettiva rifuggiva.
Un evento che tutti - inevitabilmente quanto fatalmente - hanno finito per accettare e digerire. Spostando in fretta l'attenzione del dibattito pubblico alimentato da chi s'interessa di faccende reali su Carlo, sul nuovo nuovo erede al trono William, principe di Galles, e sul resto di chi oggi rappresenta casa Windsor. Ecco quindi che la data dell'8 settembre diventa un'occasione a doppia chiave: per rievocare la figura della monarca scomparsa, ma anche e soprattutto per far il punto sull'anno 1 della nuova era. Un momento di riflessione che re Carlo trascorre con l'inseparabile regina Camilla sua consorte proprio a Balmoral, nel rispetto dell'immutabile rito estivo delle vacanze scozzesi legato al nome della madre. Nonché della tradizione di una ricorrenza da osservare in forma strettamente privata - senza neppure radunare i vertici della Royal Family al gran completo - come lei era solita fare gli anniversari della morte di suo padre, re Giorgio VI.
Mentre a giornali, commentatori e sondaggisti non resta che esercitarsi sui pro e i contro, sulle luci e le ombre del primo anno di King Charles: sulle sfondo degli affanni economici e politici generali del Paese del post Brexit, come pure dei contrasti interni al casato, delle code di scandali vecchi e meno vecchi, degli interrogativi sui costi della monarchia, degli impegni su uno snellimento della sua struttura messi in parte in soffitta o lasciati a ipotetiche riforme più incisive da rinviare - secondo le ultime indicazioni aggiornate dei megafoni di corte - alla responsabilità del più giovane William, quando verrà il suo turno. Un anno d'intensa attività istituzionale interna e internazionale, comunque, come sottolinea fra gli altri il filo-conservatore Daily Telegraph, evocando un attivismo oltre le attese da parte di un sovrano cui nessuno può negare maturità o esperienza. Sovrano in buona forma, malgrado l'età non più verde, e capace se non altro di battere in questo arco di tempo il primato d'impegni ufficiali svolti nei 12 mesi d'esordio, nel lontano 1952-53, dall'allora 26enne Elisabetta II.
Carlo si vede riconoscere intanto stabilmente come "un buon" re da circa il 50% dei britannici, secondo le rilevazioni periodiche di Ipsos, mentre solo un 10-12% gli imputa di fare "un cattivo lavoro". Tendenza che contribuisce al consenso complessivo verso l'istituzione monarchica: consolidata a dispetto di molte previsioni nel dopo-Elisabetta a quota 62%, stando alla più fresca indagine demoscopica nazionale firmata YouGov. Numeri non in grado allontanare peraltro tutte le grane che continuano a incombere sia sul Regno sia sulla dinastia "in transizione". Come conferma - più delle contestazioni delle nicchie repubblicane o di qualche episodico lancio di uova - il forte sbilanciamento sia generazionale sia fra bianchi e minoranze (allarmante in prospettiva demografica) della suddivisione di questi consensi: solidissimi fra gli over 65 sino a toccare un plebiscitario 77%, assai meno nella fascia dei più giovani (18-24 anni), che solo al 30% guarda alla corona come qualcosa di "utile" per l'avvenire. Fascia d'età molto più fredda del resto verso lo stesso Carlo come persona, ma anche verso il suo più popolare delfino 41enne William o la consorte Kate. E parallelamente meno ostile rispetto a una larga maggioranza complessiva del Paese alle recriminazioni interne alla Firm alimentate nell'autoesilio americano dal principe cadetto ribelle Harry e da sua moglie Meghan.
preso Ansa
8 settembre 2023
“Sua Maestà si è spenta in pace”. Alle 19.31 dell'8 settembre 2022, la Bbc ha annunciato al mondo intero la morte di Elisabetta II, la sovrana dei record, 70 anni trascorsi sul trono d'Inghilterra.
“È morta senza rimpianti”, ha rivelato al Daily Mail, il reverendo Iain Greenshields che era con lei a Balmoral nei giorni precedenti. “I suoi pensieri si concentravano sulla sua fede, su suo padre e sulla bellezza di Balmoral”.
preso Rai New
8 settembre 2023
Secondo il sondaggio YouGov, si salva anche la monarchia, con un gradimento del 62%. Il 40% dei giovani però, preferirebbe un capo di Stato eletto
A un anno dalla morte della regina Elisabetta (8 settembre 2022) e dall'inizio del regno di re Carlo III, arrivano i primi sondaggi sul gradimento dell'operato del nuovo sovrano.
L'8 settembre 2022 moriva la regina Elisabetta II, al trono per settant'anni. Era stato solamente l'ultimo di una catena di eventi che avevano fatto presagire la scomparsa della monarchia nel Regno Unito dopo la morte della regina più longeva e più amata nella storia del Paese. Il nuovo sondaggio rileva invece che la maggioranza dei britannici continua a sostenere l'istituzione della monarchia, ma con un forte divario generazionale nelle opinioni. Il 62% dei britannici ritiene che il Regno Unito dovrebbe restare una monarchia mentre il 26% è favorevole all'introduzione dell'elezione diretta del capo dello Stato. Un ulteriore 11% si dichiara incerto. Il gap generazionale è evidente: tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni, solo il 37% sostiene il mantenimento della monarchia, mentre il 40% preferirebbe un capo dello Stato eletto. Al contrario, con l'innalzamento dell’età per gruppi sale il sostegno alla monarchia, sostengono in stragrande maggioranza la monarchia, arrivando a un 80% favorevole al mantenimento della Corona tra gli intervistati di età superiore ai 65 anni.
Secondo YouGov il 59% degli inglesi ritiene che il monarca stia svolgendo un ottimo lavoro, mentre solo il 17% dà un giudizio negativo.
Dalla morte della regina Elisabetta, Carlo è diventato l'erede al trono più anziano della storia britannica e, nonostante l'inevitabile paragone con i suoi predecessori, anche la stampa sembra promuoverlo. Recentemente, il Telegraph lo ha definito un sovrano "attivo, che macina chilometri, pur avendo 74 anni". Secondo il Court Circular, il registro ufficiale delle attività quotidiane della famiglia reale, il re ha intrapreso impegni ufficiali per un totale di 161 giorni dalla sua ascesa l'anno scorso, quattro in più rispetto al totale della Regina Elisabetta II e ha partecipato a 550 eventi tra visite, incontri o incarichi ufficiali. In un anno, il re in carica ha già visitato le quattro nazioni del Regno Unito, da solo e con la regina consorte Camilla.
preso Tgcom24
8 settembre 2023