Franco Zeffirelli. «Perché ho accettato di girare la storia di Gesù»
Il suo film del 1977 fu visto da 700 milioni di persone. Il grande regista, morto il 15 giugno, ne parlò con Litterae Communionis all'indomani del debutto in tv. Erano altri tempi, ma la sfida di quella pellicola resta intattaSettecento milioni di persone che guardano contemporaneamente lo stesso
film è un fatto che sgomenta solo a pensarci. Chissà come si deve
sentire il regista che ha avuto l'avventura di girarlo. Con Franco
Zeffirelli abbiamo parlato di questo e di molto altro, nell'ora e mezza
in cui siamo stati insieme. E ce ne siamo andati con la convinzione di
avere incontrato un uomo umile quando parla di sé come regista e tenace
quando la posta in gioco è la propria identità di cristiano. C'è un
aneddoto che vogliamo subito raccontare a proposito di questa
intervista. Tornando da Roma, proprio dopo l'incontro con Zeffirelli, ci
fermiamo ad un autogrill per mangiare. Sono le nove. C'è la televisione
accesa e non si sente nessun altro rumore. Tutti stanno guardando il
“Gesù”. Le pietanze si freddano nei piatti, quattro camerieri in fila,
con il loro tovagliolo sotto il braccio, hanno lo sguardo alla TV. Uno
di loro si avvicina, cortese ma distratto. Ordiniamo, distratti anche
noi, già presi da quanto avviene sullo schermo. Il cameriere non si
allontana, rimane accanto a noi a guardare. Sta entrando in scena
Pietro, preceduto dalla sua voce «Ci mancava un altro profeta, abbiamo
altro a cui pensare noi... ma se potrà risolvere i nostri problemi,
allora lo ascolteremo». Il linguaggio è semplice, roba di tutti i giorni
e, con questa semplicità, il messaggio di questo “Gesù” entra nei cuori
di tutti. Finito il progrQuesto “Gesù di Nazareth” ha ottenuto, dicono i giornali, il più alto
indice di gradimento di questi ultimi anni. Il 41 per cento degli
intervistati per stabilire l'indice, ha risposto che il programma
interessava moltissimo, il 43 per cento ha detto «molto», il 14 per
cento «discretamente», il 2 per cento ha risposto «poco». Nessuno ha
risposto «niente».
E mentre 700 milioni di persone stanno incollati
al televisore, si scatena la sarabanda dei critici. È ovvio, tutti hanno
da dire qualcosa; non invidiamo Zeffirelli, più che mai nell'occhio del
ciclone, anche noi siamo tentati di dire la nostra, di fare le nostre
osservazioni, di dire che secondo i nostri gusti la musica non ci
convince del tutto, che alcuni effetti ci sembrano eccessivi, che la
narrazione a tratti sembra molto spezzettata... Eppure più che criticare
ci sentiamo di difendere nel suo complesso un’opera del genere.
Non è
infatti cosa da poco sapere rendere accessibile ad una massa così
grande di persone un racconto simile, per giunta spesso filtrato
attraverso le citazioni visive di moltissimi quadri della tradizione
artistica cristiana. Ma è avvenuto, e la semplicità del messaggio non è
stata impedita, anzi.
Ma prima di dare spazio all'intervista con Zeffirelli, vorremmo citare alcune prese di posizione del mondo “laico”. Dalle col Dalle colonne della Repubblica si lanciano deliranti proclami
perché la commissione parlamentare di vigilanza intervenga, in quanto il
film farebbe una troppo smaccata propaganda ai «cattolici»; nei
corridoi della Rai si afferma che i socialisti hanno chiesto
ufficialmente che il film termini senza l’episodio della Resurrezione...
infine, un critico del Giorno sostiene «come è inverosimile
questo Cristo che beve un drink seduto insieme agli amici, poi si alza e
pronuncia il Verbo». Ecco, al fine, che cosa dà realmente fastidio: che
Cristo, Figlio di Dio, agisca normalmente, come uomo in mezzo agli
uomini. A significare che il suo incontro è una cosa che tutti gli
uomini possono fare, con semplicità, in qualunque momento, come è
successo a Pietro, a Matteo e a tutti gli altri. Questa è la cosa che,
per quanto abbiamo visto fin’ora, il Gesù di Zeffirelli ha saputo
dimostrare a tutti. E già per questo ci piace.
17 aprile 2022
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