Se esiste un artista il cui nome viene immediatamente legato alla città di Napoli questo non può che essere Antonio De Curtis. La livella di Totò resta infatti, ancora oggi, a circa cinquant’anni dalla sua prima pubblicazione, un componimento letterario di grande forza comunicativa. Tutta quanta l’opera di De Curtis – dai film alle poesie – è in realtà da intendere come un prezioso lascito alla città, che vede in esso una grande dichiarazione d’amore oltre che un’eredità di inestimabile valore.
Nelle prossime righe proveremo ad indagare i versi che hanno fatto di Antonio De Curtis uno dei più importanti pensatori che Napoli possa ricordare oggi.
Di seguito, un approfondimento sulla livella di Totò e sui suoi significati nascosti.
Livella di Totò: la trama
La Livella è un poema di 104 versi e forse l’opera maggiore di Antonio De Curtis. Il componimento scritto dal Principe della Risata è ambientato in un cimitero e ci racconta dell’incontro tra due anime defunte, quella di Esposito Gennaro, netturbino, e O’Marchese, un aristocratico dall’identità imprecisata.
L’incontro –scontro tra le due figure porta ad un interessante dibattito sulla vita e sulla morte, che viene reso con grande maestria narrativa attraverso rime intrecciate e creative freddure.
Dai versi del poema traspare tutto il genio di Totò, che si dilettò nella stesura del componimento durante una vacanza a Roma. Secondo alcune indiscrezioni, il Principe della Risata avrebbe scritto il poema mosso da un sentimento di malinconia. Sarebbe stata la mancanza della città a stuzzicare in lui la fantasia.
Il messaggio filosofico dietro la Livella di Totò
La potenza della Livella di Totò – componimento che fece di Antonio De Curtis un artista eclettico e tridimensionale – non veicola un unico messaggio, quanto invece una combinazione di pensieri sparsi e lucidissimi.
La poesia, di cui ogni napoletano ricorda almeno l’incipit, affronta e indaga diversi temi, attualissimi al tempo della sua creazione come oggi: tra questi vi è il tema dell’uguaglianza tra gli uomini, quello della miseria che si contrappone all’opulenza e il legame che la comunità intesse con i defunti.
Nella Livella di Totò, tuttavia, possiamo riconoscere una sorta di realismo magico, sorretto da un’inaspettata filosofia esistenzialista che chiosa cosìsul finale: “A morte o’ sai ched’è? E’ na livella!”
La metafora che ci illustra la fine della vita come una livella è una delle più evocative che siano mai state sperimentate in letteratura.
Per Antonio De Curtis le differenze tra gli uomini sono un costrutto sociale destinato a frantumarsi con la morte, che annulla quello che è stato prima del suo arrivo e stringe tutti i defunti nella stessa vulnearabilità.
2 novembre 2023
preso complesso monumentale San Lorenzo Maggiore La Neapolis Sotterrata
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